Viva il lupo e crepi il virus. Le fauci facevano paura, ma oggi i veri nemici sono altri

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    Una linea di fuoco tra il verde della boscaglia e la grigia terra desolata: è l’immagine, presa da un drone, di un incendio nel Nord Australia, che ha vinto il Wildlife Photographer of the Year 2021, riconoscimento internazionale per la fotografia naturalistica promosso dal Natural History Museum di Londra. Lo scatto, di Robert Irwin, sarà esposto con altre 4 foto - scelte fra 50 mila - al Natural History Museum, fino al 1° agosto. Contengono decine di animali: Ami Vitale ha immortalato un ranger che assiste un rinoceronte moribondo, Andy Parkinson una lepre di montagna nel gelo del Parco di Cairngorms, in Scozia. L’anno scorso il russo Sergey Gorshkov vinse con The Embrace, splendida tigre siberiana che abbraccia un patriarca verde, un abete della Manciuria e marca il territorio.


    Bushfire (photo credit Robert Irwin) Una linea di fuoco crea una scia di distruzione attraverso i boschi vicino al confine della Riserva Naturale di Steve Irwin a Cape York, Queensland, Australia.



    Che natura ed ecologia sarebbero, senza animali? Sterminarli o deportarli dai loro habitat è retrogrado, protervo, insensato. Sentir dire «Crepi il lupo» da un governo che punta sulla rinascita ecologica fa effetto. La scaramanzia, il verbo apotropaico, certo. Di più: spiegare «in bocca al lupo» parlando dei cuccioli (facciamo ammenda, ci siamo cascati anche noi) è fuorviante: le fauci di lupi, leoni o tigri sono terribili, per questo si diceva «che il lupo ti mangi!» e subito dopo «crepi!», per esorcizzare l’infausta eventualità, oggi tramontata. Nella cultura arcaica vuol dire quello e non altro. E «in culo alla balena»? Parliamone.

    Detto questo, il lupo è animale splendido e magnetico, va gestito - come gli orsi - senza antropizzare tutto, senza rendere un pessimo e reazionario servizio all’umanità. Gli ambientalisti non cementificano, non credono nei condoni edilizi.

    Nei Racconti spirituali (Einaudi) curati da Armando Buonaiuto, splendida raccolta di parabole cristiane, storie sufi e koan buddisti, compaiono molti animali. Bellissime pagine di Rilke, Buzzati, Grossman, della Nobel Olga Tokarczuk... Guy de Maupassant, in Chiaro di luna, parla di rispetto per ciò che non si può capire, per ciò che è sacro e si nasconde. Ecco, il lupo è anche questo: mistero e senso del limite, bellezza perduta fra le righe - lost in translation - fra l'arido linguaggio economico-scientifico e quello umano-ecologico. Dire «crepi» è arcaico, demodé. Per carità, si dice «merda» (e mucha mierda i latinos) in teatro... Perché non dire «in bocca al virus»? O alla crisi, alla disoccupazione, all’ingiustizia e al razzismo, al maschilismo, alla burocrazia, all’evasione fiscale? Crepassero quelli, tanto per cominciare.

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